Chaos

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  1. WeasleyTwin
     
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    Ebbene si...mi tocca inaugurare la sezione delle altre Fan Fic, ma era da un po' che mi frullava questa idea e ho proprio voluto scriverla! Spero vi piaccia ugualmente ;)

    -Chaos di WeasleyTwin
    -Leonardo di Caprio, Nuovi personaggi e Ben Barnes (ma vi pare che almeno un minimo non cel o mettevo?)
    -Genere: Drammatico, OOC
    -Rating: NC-17, S
    -Disclaimer: Leonardo Di Caprio e Ben Barnes non mi appartengono, non li conosco e non pretendo di conoscere il loro carattere. Inoltre questa è una Out Of Character, quindi, a maggior ragione, tutto ciò che li irguarda èben lungi dal rappresentare la realtà, ma è solo ciò che la mia immaginazione ha prodotto. Inoltre qualunque opera letteraria, cinematografica, musicale o artistica citata non mi appartiene ma appartiene ai rispettivi creatori. L'unica cosa che mi appartiene della storia è la trama e i personaggi inventati da me medesima. Benchè la città dove è ambientata sia reale talvolta è possibile che mi inventi nomi di posti o di strade, perchè non la conosco come le mie tasche.

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    Capitolo Uno
    Born to be Wilde

    Non avevo mai pensato prima a come le nostre azioni, talvolta avventate, potessero proiettarci in una specie di universo parallelo, dove tutto ciò che prima era fonte di felicità, diveniva un dolore lacerante, viscerale, talmente intenso che sembrava smembrare l'anima dall'interno. La meravigliosa ingenuità che si può avere solo a diciassette anni non ci aiuta a vedere le cose da un punto di vista obiettivo, è inutile fare affidamento su di lei, ancora peggio avvallarla a motivo di giustificazione. Io non lo feci mai, mi presi sempre tutta la responsabilità delle mie scelte. Del resto ero sempre stata matura da questo punto di vista, mia madre, scherzando mi diceva sempre che ero una trentacinquenne intrappolata nel corpo di una ragazzina e le mie amiche le davano ragione. Non sapevo allora, quando mettevo il broncio, che questa si sarebbe rivelata la mia più grande forza. Fortunatamente il mio malumore durava sempre da Natale a Santo Stefano e mi spuntava il sorriso con un niente, soprattutto se era primavera. Quella mattina era primavera ed Oxford non era stata così luminosa da mesi. Uscii di casa di corsa, anche se ero miracolosamente puntuale, e mi diressi verso casa di Mandy, la mia migliore amica, pronta per andare a scuola. I raggi del sole mi accarezzavano le gambe e le braccia, lasciate scoperta dal vestito a fiori che avevo addosso. Mi sentivo veramente bene, era una di quelle mattine in cui avevo la sensazione di poter conquistare il mondo se l'avessi voluto. I tacchi appena accennati delle mie ballerine ticchettavano sul marciapiede, segnando i miei passi, richiamando l'attenzione momentanea di qualche passante, ma io a malapena me ne rendevo conto. Non ero abituata agli sguardi, soprattutto se camminavo con Mandy, lei era quella interessante, io non ero molto diversa da ogni altra ragazza inglese. Arrivata a casa di Mandy la trovai ad aspettarmi all'ingresso, seduta sugli scalini di casa sua, a crogiolarsi al sole. Nonostante il caldo non aveva abbandonato i suoi fedelissimi jeans e, quando si vedeva come le fasciavano bene quelle gambe spettacolari che si ritrovava, si poteva capire il perchè.
    «Hey Man!» Esclamai, per farle capire che ero arrivata.
    I suoi occhi verdi si voltarono di scatto verso di me ed incrociarono i miei.
    «Becks! Sei in anticipo! cosa è successo ti hanno messo una bomba atomica sotto il letto?»
    Scoppiai a ridere, in effetti non capitava spesso che fossi puntuale, figuriamoci in anticipo.
    «Molto molto meglio mio cara....» le lanciai un'occhiata allusiva «il sole!» aggiunsi subito dopo scoppiando a ridere.
    Mandy m guardò come se fossi impazzita e poi mi raggiunse per tirarmi uno scappellotto, leggero, sulla nuca. Sapevo perchè lo stava facendo e la cosa non fece che aumentare il mio divertimento. La verità era che, nonostante io e Mandy sembrassimo le due ragazze più docili del mondo, insieme eravamo le peggiori disgrazie della città. La classica acqua cheta da cui bisognava diffidare. Non eravamo delle ragazzacce, certo, ci divertivamo con poco, andavamo piuttosto bene a scuola e non ci impelagavamo in cose come droga, alcol o troppi ragazzi. Ma questo non voleva dire che non sapessimo combinare disastri, come scappare di casa nel cuore della notte per far realizzare a Mandy il suo impossibile sogno d'amore. Ci era costato una bella clausura quella bravata, ma, nonostante tutto, non ce ne eravamo mai pentite, nemmeno una volta.
    Arrivammo a scuola quasi per prime, un evento a cui non si aveva la fortuna di assistere spesso. Persino il vicepreside lo notò e, da bravo inglese di mezza età, non mancò di farcelo notare.
    «Sono sveglio davvero! Credevo di essere in un sogno a giudicare dall'orario del vostro ingresso Miss Wilde e Miss Gray» disse, fingendo di tirarsi un pizzicotto, mentre gli passavamo accanto.
    «Lei è ingiusto professor Horowitz! Sa perfettamente che, quantomeno il giorno il cui arriva un nuovo insegnante, ci tengo a fare bella figura» risposi accennando ad un sorriso, prima di avviarmi alla scalinata che ci avrebbe condotto dentro. Non feci caso allo sconosciuto che era con lui, il professor Horowitz era sempre circondato da gente strana, con cui era più o meno servizievole in base al loro grado di rispettabilità. Avevo smesso di interessarmi di tutto ciò la mia seconda settimana di liceo e adesso non avevo intenzione di ricominciare.
    «Hai un professore nuovo?» mi domandò Mandy, sorpresa
    «Si cara, quello di greco e latino, quindi mi spiace per te, ma non ti tocca!» esclamai, mostrandole la lingua.
    «Sai che gioia...un vecchio balbuziente dalla faccia a pesce lesso...non mi serve un nuovo professor Shannon!»
    «Descrizione amorevole quella che ha fatto di me signorina Gray, adesso perchè non mi segue in classe?»
    Ci girammo, il sangue ghiacciato nelle vene. Quella vocettina roca e un'ottava superiore alla media maschile l'avremmo riconosciuta dappertutto: il professor Shannon, il relitto vivente della scuola, era lì davanti a noi e, peggio ancora, aveva sentito tutto quello che aveva detto Mandy. Ero tentata di dirgli che ad un signore che ha superato l'ottantina, sopravvissuto per miracolo a due infarti, e con una cicatrice di guerra all'angolo sinistro della bocca, quell'osservazione doveva fare parere, ma decisi di non aggravare ulteriormente la situazione della mia amica. Le feci un sorrisetto incoraggiante e la osservai allontanarsi con il capo basso. Tra le onde dei suoi capelli mogano scorsi il rossore delle sue guance. Non mi sorprendeva la cosa, io mi sarei sotterrata al posto suo. Appena girò l'angolo mi diressi nella mia classe, doppia lezione di latino quel giorno. Presi posto accanto a Shane, in prima fila, dove il mio ritardo mi aveva condannato a stare per quel semestre. Se non altro Shane era un ragazzo simpatico e riuscivamo a ridere ogni volta che c'era qualcosa che non andava nella lezione. La nostra vecchia insegnate, la professoressa Connols, raccoglieva tutti i nostri errori più memorabili in un quadernino, dicendo che li avrebbe usati contro di noi per boicottare la nostra ammissione al college, ma sapevamo che scherzava: nessun sarebbe stato più fiero di lei nel vederci con un posto a Classics, al Magdalen College. Tuttavia una malattia improvvisa l'aveva costretta a ritirarsi e adesso avremmo dovuto cambiare professore. Eravamo tutti un po' spaventati da chi sarebbe arrivato, ci aspettavamo un mostro, probabilmente solo perchè eravamo troppo affezionati al ricordo della nostra vecchia insegnate.
    «Hey Shane! Informazioni e pettegolezzi sul nuovo professore?» domandai sedendomi
    «Solo un nome: Di Caprio»
    «Eh? Di Caprio? E che razza di nome è?»
    «Italiano»
    «E il cognome?»
    «Di Caprio!» esclamò Shane, sgranando gli occhi
    «Di Caprio Di Caprio? che razza di nomi danno in italia?»
    Shane scoppiò a ridere, accasciandosi sul banco: a volte era veramente senza ritegno. Cominciai a picchiarlo con l'astuccio nella speranza di farlo calmare, ma non accennava a smetterla.
    «Oh insomma basta! non è colpa mia se non sai parlare!» ero esasperata, mi arresi persino all'idea di fallo calmare.
    « Solo tu potevi pensare che fosse un nome! » restò serio per un attimo, poi scoppiò a ridere di nuovo.
    «Oh vai a farti fottere Shane, tu e Di Caprio!» esclamai, in preda alla rabbia, voltandomi per dargli le spalle.
    «Credevo ci tenesse a fare buona impressione signorina» disse qualcuno. Cercai di capire da dove proveniva la voce e, dopo pochi istanti, intravidi un uomo molto giovane, dai capelli biondi e gli occhi persino più azzurri dei miei, che mi guardava con un sorrisetto sarcastico. I miei occhi si fermarono per un istante sulla valigetta che aveva in mano. Era lui il professor Di Caprio.

    Ripensando a quel momento la voglia di scomparire dalla faccia della Terra si ripresentava sempre, agli attimi successivi non pensavo, perchè sarebbe stato troppo imbarazzante. Inutile dire che il mio fu il primo nome che imparò e che passai quell'ora a leggere complicatissimi versi in metrica a greco e a tradurre declamazioni ciceroniane. Fortuna che latino e greco erano le mie materie forti, altrimenti la figuraccia sarebbe stata molto molto peggiore. Dubitai che fosse un caso che mi chiese di preparare una presentazione alla classe sulle Catilinariae per il giorno dopo.
    «Cos'è quella faccia da funerale?» Mi chiese Mandy, sedendosi al mio fianco a mensa.
    Lanciai un'occhiata al suo vassoio: sandwich al tacchino, macedonia e cheescake ai lamponi. Di sicuro il brutale incontro con Shannon, quella mattina, non le aveva eccessivamente traumatizzato la giornata. Il mio era miseramente vuoto, ospitava soltanto poche foglie di insalata e una bottiglietta d'acqua: mi si era chiuso lo stomaco. Le raccontai l'exploit della mattinata e scoppiò a ridere, cercando di nascondersi dietro ad un fazzoletto, per puro affetto nei miei confronti. Volevo dirle che non c'era alcun bisogno di farlo, i tovaglioli che ci davano a mensa erano così miseri che a malapena le coprivano parte della bocca, ma lasciai perdere, apprezzando quel gesto d'amicizia.
    «Dai su! A me è andata quasi peggio...se non altro non ho avuti compiti extra! Piuttosto, vuoi lo scoop del giorno?»
    Mandy sapeva sempre lo scoop del giorno, inevitabile, dato che le sue compagne di matematica finanziaria erano tra le peggiori oche che vantasse l'istituto.
    «Avanti, spara...Cheryl è stata sorpresa senza mutande nel bagno degli uomini?» domandai speranzosa, avevo bisogno che qualcuno avesse fatto qualcosa d talmente shockante da farmi dimenticare la mia mirbolante presentazione al nuovo professore.
    «No, ma sono certa che capiterà presto! A quanto pare uno sconosciuto dagli occhi di ghiaccio ed estremamente sexy è stato visto in giro per i corridoi!»
    Sconosciuto sexy? No, non era abbastanza per migliorare la mia giornata, dopo il mio ex la caratteristica "sexy" era stata depennata dalla lista di qualità che doveva possedere il mio uomo ideale.
    «E chi è?»
    «Non ne abbiamo idea!»
    «Nemmeno Diana?» domandai stupefatta
    «No nemmeno lei! »
    «Deve essere nuovo allora...lei si è fatta tutta la scuo...»
    «Eccolo eccolo sta arrivando!» esclamò Mandy, estasiata, rivolgendo occhiate fin troppo vivaci verso l'ingresso della mensa. Mi voltai, seguendo il suo sguardo e, con mio grande disappunto, i miei occhi incrociarono quelli del professor Di Caprio. Mi rivolse un cenno del capo sarcastico, che io ricambiai con un sorriso tremolane, quindi mi girai. Mandy trasudava eccitazione da tutti i pori, io volevo solamente morire.
    «Becks! Becks! Ti ha salutato! Hai fatto colpo! Hai visto com'è?»
    guardai con la coda dell'occhio cosa stava facendo il professore in fila alla mensa: non sembrava aver notato cosa succedeva al nostro tavolo, ma poi lo vidi ridere sotto i baffi. vidi il mio sogno di laurearmi in Classics al Magdalen passarmi davanti facendo ciao ciao con la manina. Potevo metterci defnitivamente un crocione sopra.
    «Mandy per l'amor del cielo, datti un contegno!» esclamai, mentre cercavo di nascondermi dietro ad una forchettata di insalata.
    «Smettila, avresti dovuto guardarlo in maniera più ammiccante...se continui così resterai zitella!» protestò lei, anche se ifnalmente si calmò.
    «No, non avrei dovuto guardarlo in maniera più ammiccante, non avrei dovuto guardarlo e basta! Quello è il mio nuovo professore!»
    L'avevo lasciata senza parole. Mi guardò per cinque minuti buoni con una faccia a pesce lesso d fare invidia a Shannon, poi emise qualche suono inarticolato, poi, finalmente, riuscì a parlare di nuovo.
    «E come fai a stare in classe con uno del genere senza scioglierti?»
    «Sono troppo impegnata a difendermi dai suoi continui tentativi di vendicarsi di ciò che ho detto...e poi, per l'amor del cielo, è un professore! Non potrei mai vederlo come un bell'uomo!»
    Per un attimo pensai di averla convinta, dato che non mi contraddisse subito, ma capii di aver cantato vittoria troppo presto quando vidi il sorriso che si delineava sulle sue labbra: non prometteva niente di buono.
    «Sarà» sussurrò infine «Ma ha proprio un gran paio di chiappe il tuo professore»
    Mi soffocai con l'acqua che stavo bevendo. Fortunatamente salvare la mia vita sembrò distrarla dal rimirare a fondo il professor Di Caprio e si occupò di impedire che arrivassi a casa dentro una cassa di legno. Dovevo decisamente trovarmi altri amici se volevo avere una possibilità di riscattarmi, su questo non c'erano assolutamente dubbi.

    Tra tutte le cose che avevo elencato per migliorare la mia giornata avevo escluso a priori quelle troppo salutari, come un'oretta in palestra per sfogarmi su un sacco da boxe, mentre stavo seriamente prendendo in considerazione l'idea di mangiarmi un pacco formato famiglia di marshmellows inzuppati nella nutella fusa; tuttavia sapevo fin troppo bene qual era l'unica cosa da fare: andare da mio nonno. Mio nonno era un rinomato professore al Christ Church College, la sua materia? Letteratura Latina ovviamente, era di famiglia, a quanto pareva. Per lui era stato un colpo al cuore quando mio padre, a diciotto anni, aveva deciso di sposarsi con mia madre, mollando gli studi per gestire assieme a lei la concessionaria d'auto che l'altro nonno gli avrebbe lasciato. I miei non erano esattamente un esempio di riflessione e pacatezza, anzi, si può dire che seguissero l'istinto in tutto. Il nonno diceva sempre che era un miracolo che io fossi venuta fuori così con quella coppia di scapestrati a starmi dietro, ma mi aveva detto una volta di non poter desiderare una nipote migliore, una che aveva intenzione di mandare avanti la tradizione di famiglia. Suonai al campanello e attesi che mi aprissero. Ci voleva sempre un po', poi che il nonno stava spesso rintanato nello studio, fumandosi la sua pipa, mentre leggeva uno di quei suoi bellissimi libri, dove non desideravo altro che immergermi un giorno.
    «Rebecca! A cosa devo l'onore?» Mi domandò, con un sorriso, mentre mi lasciava entrare.
    «Nonno, mi parleresti delle catilinarie?» domandai subito, pronta a segnarmi ogni parola che mi avesse detto.
    Lui mi guardò stupito, di certo non era la prima volta che gli chiedevo una mano con i compiti, ma lui si era sempre rifiutato di darmela...almeno in parte: solitamente mi dava un buon libro dove potevo cercare da me tutto ciò che mi serviva e preparare un lavoro eccellente.
    «Hai finalmente deciso di abbandonare l'idea di dedicarti alla storia greca e vuoi puntare sulla letteratura latina anche tu?» Mi domandò, scherzando. Era il suo unico cruccio che preferissi i Greci ai Romani.
    «No, non proprio....conosci per caso un certo Di Caprio tu?» gli domandai, mentre una strana idea mi veniva in mente.
    «Di Caprio? Giovanotto brillante....uno dei miei migliori allievi, certo che lo conosco, ha preparato la sua tesi con me!» esclamò «Come mai vuoi saperlo?»
    «Oh...è il mio nuovo professore, i compiti sono per lui. Bene allora, dammi il libro migliore che hai, ce ne vorrà per stupirlo!»
    Allora non aveva imparato il mio nome per primo, lo sapeva già! Bene, aveva voluto sfidarmi, la sfida era cominciata. Certo, non era una mossa saggia mettersi contro un professore, lo sapevo bene, ma si dava il caso che anche io avessi un certo professore dalla mia parte stavolta. Il nonno non mi deluse, mi diede uno dei libri più difficili che avessi mai letto ma, allo stesso tempo, perfetto per quello che mi serviva. Leggevo e scrivevo, leggevo e scrivevo, ininterrottamente, con una velocità tale da non notare quando batteva la pendola del salotto, o quando il nonno entrò per accendermi la luce, o il telefono che squillava per le continue chiamate di Mandy. Riuscirono a staccarmi di lì sono quando avevo finalmente finito tutta la mia presentazione e ne fui pienamente soddisfatta. Guardai l'orologio al mio polso, segnava le dieci. Le dieci?
    «Nonnooooo! Perchè non mi hai detto che era così tardi? Mamma sarà una furia...» cominciai ad urlare, cercando di arraffare tutta la mia roba il più velocemente possibile in modo da poter tornare a casa in fretta. E perchè il nonno non si muoveva? Se continuava così mi sarebbe toccato andare via senza salutarlo. Finalmente, mentre mi stavo dirigendo verso l'ingresso, lo vidi spuntare dalla cucina.
    «Ho chiamato tua madre per informarla che restavi qui stanotte e ora, se non ti dispiace, lascia quella roba e vieni a mangiare la tua porzione di pasticcio di carne che ti ho conservato»
    Tirai un sospiro di sollievo e lasciai che la borsa di scuola e la giacca cadessero a terra, in modo da poter abbracciare forte il nonno, era davvero il migliore Mangiai rapidamente, non mi ero resa conto di quanta fame avessi ma, in fondo, dovevo sospettarlo dato che avevo mangiato si e no due foglie di insalata per pranzo. Una volta finito lavai piatti e posate che avevo usato, rassicurando il nonno che non ero affatto troppo stanca per farlo, e mi avviai a letto. Una volta sotto le coperte il pensiero dell'indomani mattina fece capolino nella mia mente, ma lo scacciai via. Nonostante questo, quando i raggi del sole m svegliarono, ero convinta che la notte fosse durata troppo poco.
    Ero nervosa e mi stavo cominciando a pentire della mia audacia. Forse ero stata troppo avventata a pensare di poter fare una cosa del genere, tuttavia quello che era fatto era fatto e l'unica presentazione che avevo era quella fatta la sera prima, che mi andasse sempre bene o meno. La mia ansia era a livelli tali che sembrava fossi seduta sul letto di un fachiro piuttosto che sulla sedia di una delle nostre aule. Nemmeno Shane osava stuzzicarmi e Mandy, quella mattina, aveva confermato che avevo decisamente bisogno di molto cioccolato, o molto sesso, una delle due. Mandy, non sarebbe mai cambiata...ecco perchè le volevo così bene. Il professor Di Caprio entrò nell'aula, puntuale come un orologio svizzero, e pregai dentro di me che si fosse dimenticato della mia presentazione. Ovviamente nella mia vita la sfiga aveva programmato tutto in maniera tale che non sarebbe stato così
    «Signorina Wilde...credo che lei avesse qualcosa da presentarci. Le dispiace raggiungermi alla cattedra?»
    Annuii e mi alzai, i pochi passi che mi separavano dalla cattedra mi sembrò di averli percorsi sulla gelatina piuttosto che su un solido pavimento. Una volta giunta lì posai i miei appunti sul tavolo, alzai gli occhi ed incrociai i suoi. C'era un che di strano nel modo in cui mi guardava: lui credeva che io avrei fallito, che non sarei riuscita a fare ciò che mi aveva richiesto. La mia ansia andò via e sentii subentrare al suo posto il desiderio di dimostrargli quanto si sbagliava.
    «Prego, quando vuole» mi incitò a cominciare. Io gli rivolsi il mio miglior sorriso e cominciai:
    «Le Catilianrie, o più propriamente Catlinarae Disputationes, furono scritte da Cicerone...» andai avanti per tutta la durata della lezione, parlando praticamente ininterrottamente. Ad un tratto vidi Shane cominciare a prendere appunti, mi aveva detto che l'avrebbe fatto, in modo da darmi il minimo di supporto che poteva, visto che un po' si sentiva in colpa per quello che era successo il giorno prima; quello che mi sorprese veramente fu che più di metà della classe lo imitò . Quanto al professore non si perdeva una parola di quello che dicevo, non pendeva di certo dalle mie labbra, non avevo fatto abbastanza da poter anche solo pretendere di superarlo, ma ascoltava con interesse e sembrava che stesse pensando a qualcosa, probabilmente un modo per trovare una falla nel mio discorso. Finii la mia presentazione quasi all'unisono col suono della campanella che annunciava la fine delle nostre ore. I miei compagni rimisero tutto in cartella e si fiondarono fuori per le due ore di letterature inglese che precedevano il pranzo, io mi recai al posto e presi la mia borsa, pronta ad uscire.
    «Arrivederci professore» lo salutai, avviandomi all'uscita.
    «Signorina Wilde?»
    «Si?»
    «Forse non lo sa, ma sono stato allievo di suo nonno...»
    «Si me lo ha detto» risposi, sforzandomi di sorridere. Se stava cercando di insinuare che era stato lui a fare il tutto probabilmente lo avrei ucciso.
    «È da quando ho dato la tesi di laurea che sento narrare meraviglie su di lei e sul suo talento naturale per queste materie...stamattina mi ha dato la prova che tutte le lodi avevano ragione di esistere.» Mi sorrise, in modo diverso stavolta, un sorriso più spontaneo.
    «La ringrazio molto» ricambiai il sorriso ed uscii fuori dall'aula, perfettamente soddisfatta con me stessa.

    Edited by WeasleyTwin - 18/3/2010, 23:39
     
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